La memoria di Babel – L'Attraversaspecchi Libro 3
- Voto:
- (3/5)
- Età consigliata: da 14 a 30 anni
- Editore: Edizioni E/O
- Genere: Fantasy | Giallo | Romantico
Nota
In questa recensione si fa riferimento al terzo libro della saga de L'Attraversaspecchi. Qui di seguito i volumi elencati nell'ordine di lettura:
- 1) Fidanzati dell'inverno;
- 2) Gli scomparsi di Chiardiluna;
- 3) La memoria di Babel;
- 4) Tempesta di echi (al momento uscito solo in lingua originale, a breve disponibile in italiano).
Trama
Dopo quasi tre anni di reclusione su Anima, Ofelia è al limite della sopportazione: confinata in casa in compagnia della famiglia, con niente da fare dalla mattina alla sera, le sue giornate trascorrono lente, deprimenti e tediose. Come se non bastasse, la ragazza è costantemente sorvegliata dalle Decane, che non le lasciano sporgere il naso fuori di un centimetro senza sguinzagliarle dietro la fida Relatrice... ah, e ovviamente di Thorn, il suo novello marito, nessuna traccia. Ciliegina sulla torta? Bloccata su Anima, Ofelia non può neppure proseguire le indagini sul passato misterioso degli spiriti di famiglia, né approfondire le scottanti rivelazioni scaturite dall'incontro con Dio. Per fortuna, però, ci pensa Archibald a levarla fuori dagli impicci e a darle quell'occasione che aspettava da tempo: fuggire da Anima e recarsi fino a Babel, l'arca cosmopolita e tecnologica per eccellenza. Lì, all'interno del Memoriale, si nascondono alcune di quelle verità che Ofelia stava proprio cercando... Non è che magari anche Thorn sta seguendo la sua stessa pista?
Autrice
Christelle Dabos, classe 1980, è una scrittrice francese, nonché una delle voci più promettenti del panorama fantasy contemporaneo. Se la vedete in fotografia, noterete l'incredibile somiglianza con Ofelia, la protagonista della saga che ha reso l'autrice celebre a livello internazionale. La Dabos inizia a inventare storie durante le lezioni universitarie, per divertire un'amica che segue i corsi con lei, e da quel momento si rende conto che la scrittura è qualcosa che le dà soddisfazione. Una passione che negli anni coltiva fino a trasformare in un mestiere. I suoi libri hanno vinto numerosi premi e sono tradotti in svariate lingue. Per approfondire, vi consiglio di consultare il sito internet dedicato alla saga.
Giudizio
Se Fidanzati dell'inverno era stato un ottimo inizio e Gli scomparsi di Chiardiluna, seppur con le sue pecche e un ritmo narrativo un po' incagliato, era comunque riuscito a riscuotere la mia approvazione, La memoria di Babel – mi dispiace dirlo – si è rivelato una delusione.
Ho trovato le prime cento pagine noiose e poco credibili: sia perché mi sembra assurdo che per ben tre anni Ofelia non faccia assolutamente nulla, sia perché, per come ci viene descritta e presentata, ritroviamo la nostra eroina come se fosse fuggita dal Polo solo da una manciata di settimane (in tre anni neppure un cambiamento? Al di là del fatto che mi pare un po' strano che sia rimasta con le mani in mano per tutto quel tempo – non ha neppure ripreso il lavoro al museo, per dire, o stretto amicizia con qualcuno –, com'è possibile che sia identica anche psicologicamente? In tre anni di cose ne cambiano, soprattutto quando si è giovani, soprattutto quando non si vede né si sente per tanti mesi il proprio innamorato). La Dabos avrebbe dovuto accorciare i tempi per far risultare plausibili la condizione di Ofelia e le emozioni che la ragazza prova.
La seconda cosa che mi ha infastidito è che, come in tutti i copioni già visti, triti e ritriti (penso a Twilight e ai vari proseliti della Meyer), assistiamo al classico escamotage proprio dei romance young adult: la separazione degli innamorati (di solito, quando tra loro comincia ad avvenire qualcosa di determinante per la love story, lo scrittore con uno stratagemma allontana uno dei due per alimentare l'aspettativa e la voglia di rivederli insieme). Generalmente la "separazione forzata" dura per l'intero libro successivo, e infatti, anche in questo caso, Thorn non lo ritroveremo prima della seconda metà della storia. E se è il vostro personaggio preferito, come nel mio caso, mettetevi pure il cuore in pace. Nel frattempo siamo in compagnia di Ofelia, che però pare trasfigurata: l'eroina determinata, emancipata, forte e coraggiosa che avevamo visto maturare nei libri precedenti sparisce, per lasciar posto a una figura irriconoscibile. Questo è forse l'aspetto che mi ha deluso più di tutti: avevo elogiato la Dabos per come, nei primi due libri, si fosse distaccata dallo stereotipo di protagonista che vive in funzione della figura maschile, che accetta di buon grado e passivamente tutte le decisioni del partner, che si strugge d'amore ed è disposta a qualsiasi sacrificio; avevo apprezzato la crescita psicologica di Ofelia, il fatto che pian piano si fosse liberata dalle catene culturali e psicologiche che la ancoravano alla famiglia e a un certo tipo di vita monotona e accomodante; avevo applaudito per come al Polo fosse venuta fuori la sua vera personalità, e per come lei fosse diventata, a tutti gli effetti, la migliore e più autentica versione di se stessa... e tuttavia, questo lodevole processo di maturazione, ne La memoria di Babel, non solo s'interrompe, ma sembra andare nella direzione opposta, portando il personaggio a regredire: non perché Ofelia desideri ardentemente ritrovare Thorn (ci può stare, anche se ribadisco che i tre anni che sono trascorsi avrebbero dovuto smorzare un po' i suoi sentimenti, è fisiologico...), ma perché quando ci riesce, d'improvviso, si trasforma in un'altra persona: la vediamo sottomettersi al volere di lui, accettare e persino giustificare la violenza fisica e verbale del marito, accogliere di buon grado qualsiasi cosa questi pretenda, temere il suo giudizio e adattarsi a esso, farsi dei sensi di colpa che non esistono... Insomma, il ritratto dell'amore dipendente, di uno squilibrio tra le parti che porta la relazione a pendere solo da un piatto della bilancia.
Per quanto riguarda la trama del romanzo, ho trovato tediosa tutta la parte relativa alla Buona Famiglia e al Memoriale, nonché deludente il fatto che, invece di portarci all'esplorazione di un'arca potenzialmente interessante come quella di Babel, per i tre quarti del libro la Dabos abbia deciso di segregare Ofelia all'interno di una sorta di "accademia". Peraltro, in tale istituto avvengono sempre le stesse dinamiche, quelle proprie a qualsiasi storia ambientata a scuola (bullismo, problemi di relazione con i compagni, giochetti di potere ecc.), quindi di nuovo torna lo stereotipo. Se almeno la Dabos avesse approfondito gli argomenti di studio e il profilo psicologico dei personaggi secondari forse questa parte sarebbe risultata più accettabile, in qualche modo. Un vero peccato.
A livello narrativo, non ho potuto fare a meno di notare come l'autrice abbia ripetuto alcuni schemi che avevano già caratterizzato i volumi precedenti: quando un personaggio sa troppo o diventa eccessivamente pericoloso per i protagonisti allora viene fatto sparire (impossibile non paragonare Il Cavaliere de Fidanzati dell'inverno a Mediana de La memoria di Babel). Un modo un po' facile per risolvere i problemi e, a mio avviso, una scappatoia insoddisfacente per una scrittrice così brava. E poi, come avevo anticipato nella recensione de Gli scomparsi di Chiardiluna, anche in questo terzo capitolo della saga la Dabos ricorre allo stesso sistema per dipanare la trama: un giallo, che praticamente è lo specchio di quello che l'ha preceduto (di nuovo, ci sono sparizioni/omicidi misteriosi; di nuovo Ofelia deve indagare, mettendosi in pericolo...). Tutto già visto e già letto, insomma, ed è come se l'autrice avesse bisogno di prendere tempo, e non basta che nel frattempo inserisca qua e là qualche particolare in più rispetto alla trama complessiva (ciò che scopriamo una volta ultimata la lettura de La memoria di Babel non è molto di più di quanto non sapessimo già alla fine de Gli scomparsi di Chiardiluna).
Infine, ho trovato improponibile il rapporto tra Ofelia e Thorn. Si rivedono dopo tre anni (non mi stancherò di ripeterlo!), in tutto il libro s'incontrano sì e no quattro volte, scambiandosi pochissime battute (la maggior parte delle quali relative ai fatti che avvengono, e non a loro come "coppia") e poi improvvisamente si amano, come prima. Sono trascorsi degli anni, loro non si conoscono neanche più, teoricamente potrebbero essere cambiati entrambi... Non si parlano, non si confrontano, non si concedono del tempo per riscoprirsi (per capire se sono ancora le persone di un tempo, dell'epilogo de Gli scomparsi di Chiardiluna) e ciononostante si buttano l'una nelle braccia dell'altro. È inverosimile, e il loro rapporto – che nei volumi precedenti era stato ben sviluppato, era cresciuto e maturato al pari dei personaggi – qui viene banalizzato e trattato in modo superficiale.
Insomma, per quanto mi riguarda La memoria di Babel ha in sé un grande potenziale, che però non è espresso. Un vero peccato, perché con questo capitolo la saga rischia di avviarsi verso una parabola discendente. Sarà l'ultimo volume, Tempesta di echi, a dirci se la Dabos riuscirà a risollevarsi dallo scivolone e a concludere degnamente un'opera che, lo ribadisco, ha tutte le caratteristiche per diventare un fenomeno cult.
Qui le mie recensioni dei due volumi precedenti (clic sui titoli per leggerle):