Nonna perde le parole
- Voto:
- (5/5)
- Età consigliata: da 3 a 7 anni
- Editore: Jaca Book
- Genere: Educativo
Trama: di cosa parla Nonna perde le parole?
Oslo, Norvegia: un ponte sul mare. A far da sfondo, il fiordo e un precipizio, con le montagne e la città che s’intravedono in lontananza. È proprio su questo ponte che una nonna e i suoi due nipoti periodicamente vanno a passeggiare e a lanciare aeroplanini di carta. Ma a un certo punto la nonna comincia a dimenticare le parole. A perderle, come una moneta che cade dalla tasca o un mazzo di chiavi che non troviamo più. Allora uno dei suoi nipotini si mette a urlare dalla paura: e se la nonna dovesse iniziare a perdere anche qualche altra cosa, oltre alle parole? Tipo le mani, il naso o magari le orecchie? Non solo: e se le parole perdute non tornassero più? O qualcuno le avesse rubate? Per fortuna, tra incontri fortuiti e un viaggio nella Città delle Parole perdute, la soluzione verrà a galla…
Perché consiglio questo albo illustrato?
Prima di tutto perché è un libro che profuma di buono, anzi, buonissimo! Starei delle ore ad annusare le pagine, che hanno quell’odore inconfondibile di carta fresca e inchiostro appena stampato. In effetti, la qualità della confezione è davvero ineccepibile: copertina cartonata solidissima, che tic-tocca che è un piacere quando ci bussate sopra; rilegatura cucita, a garanzia di un libro saldo e indistruttibile; pagine spesse, resistenti, di ottima fattura, che accarezzano i polpastrelli quando le sfogliate. Già solo per come si presenta, questo albo illustrato è piacevolissimo da guardare e delizioso da toccare.
A convincermi ancora di più della bontà della scelta, poi, sono stati i contenuti: Nonna perde le parole è un volume che racchiude in sé tantissimi temi diversi, tutti egualmente utili e interessanti. Si parla con delicatezza della malattia di Alzheimer, con parole semplici, di facile comprensione per i bambini; si gioca con la lingua italiana, raccontando di modi di dire, di evoluzione del linguaggio, di termini che diventano desueti e di altri che vengono utilizzati in abili giochi di parole; e poi, soprattutto, si presenta ai più piccoli Edvard Munch, il celebre artista norvegese autore de L’urlo. Ma non come ci si aspetterebbe: anzi, vi assicuro che resterete a bocca aperta (proprio come il protagonista del libro e, naturalmente, del quadro sopracitato).
Didattica: come usare il libro a casa e a scuola
Di certo per parlare ai bambini di arte e per farlo con un approccio insolito, intrigante. Siamo abituati a libri che quasi sfiorano la saggistica per come spiegano scrupolosamente vita, opere e tecniche pittoriche degli artisti più conosciuti del mondo. In altri, la divulgazione è affidata a una storia, spesso biografica, che narra le gesta del personaggio in questione. Ma qui mi sono trovata davanti a un approccio in cui non mi ero ancora imbattuta: raccontare Edvard Munch attraverso la storia di qualcun altro (dove il pittore non solo non compare, ma non viene neanche citato), sfruttando come ambientazione un quadro di Munch stesso. Forte, non è vero? Io lo trovo geniale e ottimo da spendere nella didattica. Per esempio, possiamo chiedere ai bambini – a casa e a scuola – di raccontare una storia di loro invenzione a partire dall’osservazione di uno o più quadri, oppure avviare una conversazione in cui li invitiamo a esprimere ad alta voce o attraverso un disegno le emozioni e le idee creative che un dato dipinto stimola in loro. Possiamo porre domande come: “Secondo te, come mai il personaggio ritratto ha questa espressione? Che cosa lo avrà spaventato/rallegrato/intristito? Cosa sarà successo, prima della scena che vediamo sulla tela? E dopo?”.
Anche l’autore del libro, Rémi David, e l’illustratore, Rémi Saillard, hanno deciso di tradurre in testo e in immagini le domande e le sensazioni che L’urlo di Munch ha suscitato in loro: da qui è nata la storia di Nonna perde le parole. Non approfondirò le illustrazioni perché al termine dell'albo vi sono tutte le informazioni necessarie per comprenderle e apprezzarle in pieno. Di certo, i disegni di Saillard meritano una divertente analisi: si possono coinvolgere i bambini in un confronto tra il dipinto originale e le pagine del libro, a caccia di somiglianze e differenze, e dar avvio a un laboratorio artistico in cui invitare i piccoli pittori a riprodurre la loro personalissima versione de L’urlo.
Ovviamente il volume è uno spunto preziosissimo per approfondire la biografia e le opere di Munch, se possibile ricorrendo sempre a un metodo narrativo-creativo come quello proposto nel testo.
Ma gli usi didattici di Nonna perde le parole non finiscono qui: una delle parti più affascinanti (forse la mia preferita in assoluto) è quella dedicata alle parole. Oltre a citare diversi modi di dire in linea con gli accadimenti della storia (“perdere la testa”, “perdere la bussola”, “non avere peli sulla lingua”…), a un certo punto Rémi David ci porta nella Città delle Parole perdute. Un luogo che entusiasmerebbe qualsiasi lettore e scrittore, e che graficamente è realizzato in modo impeccabile: è la terra rumorosa e un po' futurista in cui una nave scarica i termini ormai desueti, passati di moda o dimenticati, che però – prima o poi – è facile che torneranno in auge. Un bellissimo modo di introdurre il concetto di una lingua che cambia continuamente, che viene contaminata, s’impoverisce o arricchisce, subisce influenze da altri idiomi e che, a conti fatti, è come un essere vivente, in costante evoluzione. Un’occasione d’oro, quindi, per giocare con le parole e i modi di dire insieme ai bambini, ma anche per realizzare un vocabolario illustrato dei termini “passati di moda” (per i più piccoli) o un testo in cui si devono usare almeno X (numero a piacere) parole desuete (per i più grandi). Si potrebbe persino chiedere ai bambini di descrivere un oggetto, un animale o una persona ricorrendo solo e soltanto a questi vocaboli dimenticati. Naturalmente l’occasione è ghiotta per parlare anche di linguistica in generale, nonché per un breve excursus sulle emoticon e sul loro valore simbolico e comunicativo (in particolare, quella che ricalca proprio L’urlo di Munch).
Questo libro è perfetto anche per trattare il delicato tema delle malattie senili, con particolare riguardo verso il morbo di Alzheimer. Possiamo leggere Nonna perde le parole a tutti quei bambini che hanno una situazione famigliare difficile (magari uno dei nonni affetto dalla malattia in questione o da demenza senile) e spronarli ad accogliere i suggerimenti proposti nel testo per aiutare i loro cari a recuperare le parole perdute.
Dal punto di vista psicologico, infine, Nonna perde le parole è certamente un utile strumento per analizzare le paure dei bambini e individuare strategie da mettere in atto per superarle: urlare, ovvero esprimere l'emozione ad alta voce; andare in profondità e scoprire da cosa nasce il timore, in modo da poter affrontare la paura (come accade, per esempio, quando il protagonista della storia “sbircia” nella bocca della nonna – retaggio lupesco di Cappuccetto Rosso – per controllare dove si sono cacciate le parole svanite); dare un nome a ciò che ci fa paura e così via. L’insegnamento è chiaro, come l’evoluzione del personaggio del libro: all’inizio ci facciamo prendere dal cieco terrore, ma poi iniziamo a ragionare e a cercare soluzioni per essere d’aiuto a coloro che amiamo (o a noi stessi, a seconda dei casi). Anche perché se non siamo tranquilli noi, come possiamo davvero aiutare chi sta male? Una regola che vale anche nelle situazioni d’emergenza. Razionalizzare: questo è davvero un ottimo modo di affrontare la paura, non credete?
Giudizio in due parole
Nonna perde le parole è un albo illustrato interessante e originale, che racconta l’arte di Edvard Munch in modo coinvolgente e innovativo. Innumerevoli gli spunti didattici, che spaziano dalla linguistica alla psicologia, passando per il delicato tema delle malattie senili. Ottimo per imparare ad affrontare la paura ed evitare di restare “a bocca aperta” per il terrore (meglio, invece, che sia per la meraviglia!).
Consigliatissimo!